skip to Main Content

Chiudi sempre il cerchio

Alùra Lelito,

mentre tu fai il pirla in quella che i tedeschi nella prima Guerra Mondiale chiamavano “Perfida Albione” (definizione ripresa in seguito da un pelatone che ha fatto tristemente la storia del nostro Paese), io questa settimana ho tenuto un corso nuovissimissimissimo, toccando temi che non avevo mai affrontato prima in aula.

Sono stati tre giorni intensi e bellissimi e giovedì ho condiviso con i miei studenti avanzati la LE.LE., fase particolarmente importante nella gestione di un Progetto e che viene però spesso trascurata.

Devi sapere che LE.LE. nel Metodo Olmetto® è l’acronimo che usiamo per indicare “Lessons Learned”, in sostanza quel momento in cui si fissano le lezioni imparate.

Volendo semplificare, ogni volta che hai un progetto, dovresti suddividerlo in 3 macro-fasi,

  1. Pianificazione
  2. Esecuzione
  3. Chiusura

Nella pianificazione disegni un’idea di quello che dovresti fare e che dovrebbe quindi succedere.

Quali sono le tempistiche, il budget (la grana) che ci metti, gli ostacoli che dovrai superare, i rischi che potresti correre, etc.

Meglio esegui questa fase, e meglio andrà l’esecuzione.

Poi ovviamente anche facendo una pianificazione super accurata le cose non andranno mai esattamente come avevi previsto, ma una cattiva pianificazione è comunque meglio di nessuna pianificazione, gli ammerigani direbbero: “failing to plan is planning to fail”.

Nella chiusura invece si portano a termine le ultime attività di progetto e dovresti svolgere la Lessons Learned, in pratica fissare tutto quello che hai imparato durante il corso del progetto.

Anche qui sto semplificando, perché l’ideale sarebbe fare costantemente la LE.LE. durante l’esecuzione, ma non perdiamoci in dettagli e cerca di seguire il ragionamento perché può esserti utile.

In Italia lavoriamo mediamente dimmer… male, spesso la pianificazione è inesistente o molto approssimativa e quasi nessuno fa la “Lessons Learned”.

Lo posso dire con certezza perché sono quasi 25 anni che lavoro nel mondo della consulenza e formazione e la mia vita professionale precedente l’ho trascorsa nel mondo dell’industria farmaceutica.

Non è un dettaglio irrilevante per quello che sto per dirti, in quanto è uno dei contesti più regolamentati che esiste e quindi, se le considerazioni vanno bene per loro, figurati per la micro-impresa dell’imprenditùr Bianchi.

C’è una cosa che mi è rimasta impressa.

Le aziende farmaceutiche ricevono costantemente ispezioni per verificare che tutto sia svolto seguendo le normative.

Quando arrivava la comunicazione che ci sarebbe stata un’ispezione, in azienda scattava il panico.

Ore ed ore a scartabellare per verificare che tutta la documentazione fosse in ordine, le firme a posto, le date congruenti, riunioni dopo cena per fare il punto della situazione, una volta ho visto un manager scoppiare in lacrime durante un meeting, la tensione si tagliava con il coltello.

Poi c’era l’ispezione, altri giorni di fuoco in cui si scattava come dei soldati al fronte.

Poi, se tutto andava liscio e non ti chiudevano lo stabilimento, si riceveva il report contenente gli aggiustamenti da apportare, “sistema X, metti a posto Y etc.” e ovviamente quelle sarebbero state le prime cose controllate nella prossima ispezione.

E qui ho notato una cosa incredibile, invece di implementare immediatamente le azioni suggerite per evitare di trovarsi nella stessa situazione la volta dopo, il tutto finiva a tarallucci e vino, a Napoli direbbero “passata la festa, gabbato lo santo”.

Perché risulta così difficile fare la Lessons Learned?

C’è un fenomeno chimico che avviene quando siamo sotto pressione, l’adrenalina scatena dentro di noi la necessità di agire.

E’ un istinto primordiale, “o nuoti o affoghi”.

È il motivo per cui ti viene più naturale studiare per il compito in classe di domani rispetto all’interrogazione che avrai il mese prossimo.

Una volta passato il pericolo l’adrenalina se ne va ed affiora quindi la stanchezza per tutto lo stress che hai accumulato durante la tempesta.

Se ti sei mai chiesto come mai quando rientro dalle aule passo due giorni a deambulare senza fare un caxxo, questa è la ragione, non avrei comunque l’energia per svolgere attività che richiedono la mia totale concentrazione.

C’è però una cosa che faccio prima di andare in letargo, la Lessons Learned.

Prendo la mappa mentale che ho usato per gestire il progetto e scrivo fisso tutti gli apprendimenti che ho avuto nei 3 giorni di aula.

Perché è così importante farla (e farla subito)

Avrai notato che ti ho sempre dato un feedback su come avevi giocato mentre rientravamo a casa dalla partita.

Dal punto di vista emozionale non è l’ideale.

Hai ancora l’adrenalina della partita, magari sei nervoso perché non hai giocato bene o avete perso e quindi sei meno recettivo ad ascoltare quello che ti viene detto.

Io ho valutato cosa fosse meglio e ho deciso che il momento migliore fosse comunque quello per 2 ragioni:

  1. La prima è che voglio che ti abitui ad accettare i feedback! Ognuno di noi ha una vocina scema che ci porta a rifiutare gli errori che commettiamo, è una forma di difesa naturale. Il problema è che questo atteggiamento chiude la porta ai miglioramenti. Imparare a recepire i feedback senza prenderli sul personale è uno di quei doni per cui mi ringrazierai per tutta la vita (magari prima mi mandi affanc.. un milione di volte, ma vedrai che prima o poi capirai il regalo che ti ha fatto il Papy).
  2. Appena finita la partita ho fresco nella memoria quello che è successo. Le cose che mi sono piaciute e le cose che invece puoi migliorare. Riesco a descriverti l’azione a cui mi riferisco nel dettaglio e probabilmente anche tu te la ricordi bene. Passate 24 ore questo tipo di memoria sparisce e il feedback sarebbe molto meno efficace perché non fondato sui fatti ma solo sulle impressioni che rimangono nella memoria.

Sempre rimanendo in tema sportivo, i grandissimi atleti e allenatori, studiano i filmati proprio per questo motivo. Per fissare nella memoria le cose fatte bene e gli errori commessi in modo da non ripeterli.

Kobe Bryant era famoso per questo, si riguardava le partite azione per azione e andava a cogliere anche i più minimi miglioramenti.

Tempo fa ho scritto anche di come Maradona avesse fatto il gol più bello della storia grazie ad un feedback ricevuto dal fratello.

Fare bene la LE.LE. ti facilita la pianificazione successiva, perché ha già segnato tutte le cose che sono andate bene e che quindi potrai ripetere e tutte le cose che invece puoi migliorare la volta dopo.

Come fare BENE una Lessons Learned – Parte1 [Ocio all’EGO]

Ci sono alcune accortezze che è importante seguire quando si fa una LE.LE., l’errore più frequente che ho riscontrato è quello di cadere nelle trappole dell’ego.

Il nostro ego ci vuole tutelare e quindi il rischio è di non rilevare veramente gli errori commessi ma di cercare le giustificazione alle cose che non sono andate come volevamo.

Ti faccio un esempio “manageriale” che è piuttosto comune.

Alcuni si trovano inguaiati perché i colleghi o addirittura i collaboratori gli scaricano addosso i loro problemi.

“Capo c’è questo problema, cosa faccio?”. “Ok, metti sulla scrivania che poi ci guardo”.

E automaticamente ti sei caricato la sua scimmia sulla tua spalla, lui è entrato con un problema e adesso te la devi smazzare te.

Questo genera un circolo vizioso e ti porta a trovarti in affanno perché lavori fino a tardi e rimani comunque in arretrato con il tuo lavoro.

A questo punto la giustificazione che di solito una persona si dà è:

“sono troppo buona e gli altri se ne approfittano”.

(Ho usato il femminile apposta perché spesso sono più le donne a trovarsi in questa situazione, vivendo quella che chiamo “la sindrome della crocerossina”)

Perché questa LE.LE. è fatta male e NON va bene?

Perché ti impedisce di migliorare, quale sarebbe infatti la soluzione?

Diventare cattivi? Nessuno può pensare di migliorare diventando più stronzo!

E non posso neanche pensare di incidere sulla cosa sperando che gli altri cambino come per magia e smettano di approfittarsi di te.

Se invece la LE.LE. fosse stata: “avrei dovuto dire di no alla richiesta di Tizio e di Caio” allora si che avrebbe potuto migliorare la situazione, perché in questo caso puoi andare a lavorare sulla difficoltà che hai nel dire di no alle persone… Mi segui?

Come fare BENE una lessons learned P.2 (Focus su Apprendimenti)

La parte tecnica, se hai capito e accettato la parte uno relativa all’ego, è relativamente semplice.

Si tratta semplicemente di rispondere a delle domande tipo:

  • cosa ho fatto bene e quindi ripeterò la prossima volta
  • cosa è andato storto e come posso evitare che si ripeta la prossima volta
  • cosa posso fare meglio e come
  • cosa ho imparato in generale

Ora potrei andare avanti a lungo con le domande ma non è questo il contesto, voglio darti solo un piccolo suggerimento perché gli apprendimenti che noi facciamo possono anche essere indiretti.

Se per esempio un tuo compagno di squadra ti urla dietro perché sbagli uno stop e tu vai in tilt e da lì giochi di mer… perché sei rimasto sull’errore commesso, puoi sicuramente imparare che hai bisogno di lavorare sulla tua emotività in modo da non andare nel pallone la volta successiva.

Ma puoi anche imparare che urlare dietro un compagno può essere controproducente e quindi puoi fare attenzione ad evitare di farlo tu stesso con chi ritieni possa soffrire un rimprovero del genere.

Non tutti reagiscono allo stesso modo, c’è chi ha bisogno di una sveglia e urlargli contro può essere utile, chi invece ha bisogno di essere rassicurato, mi segui?

Come fare BENE una lessons learned P.3 (CELEBRA e RINGRAZIA)

Quando si chiude un progetto è importante, anzi fondamentale direi, fare 2 cose.

La prima è celebrare, festeggiare i risultati ottenuti.

Non entro nel dettaglio perché è un tema complesso e quest’articolo è già fin troppo lungo per un tredicenne che in questo momento inizia ad apprezzare le bellezze della vita :-).

Ti dico solo che ho avuto a che fare con persone, anche molto in gamba, che vivono la frustrazione di non sentirsi adeguati.

Questo di solito accade perché le sconfitte sono prese come un qualcosa di definitivo, le vittorie invece passano come se non fossero niente di speciale. Celebrare i successi serve a cambiare un po’ questo paradigma, se quando perdi ti senti un fallito e quando vinci “tanto non conta” farai fatica a trovare equilibrio e serenità.

Un’altra cosa invece sulla quale voglio spendere 2 parole è quella di ringraziare le persone che ti hanno aiutato.

Viviamo in una società in cui la gratitudine è merce rara, rarissima direi.

Sembra quasi che ringraziare gli altri per l’aiuto che ti hanno dato sia uno sminuirsi, c’è un detto popolare che addirittura recita: “non fare del bene se non 6 pronto l’ingratitudine”.

Io ti posso assicurare che mostrare gratitudine non solo non toglie niente ai tuoi successi, ma genera dei circoli virtuosi incredibili.

Uno perché riconoscere il lavoro degli altri rende le persone felici di ricevere questo tipo di riconoscimento, il bisogno di sentirsi importante e riconosciuto è uno dei bisogni primari dell’essere umano.

Due, la gratitudine rende felici, e non è forse questo lo scopo della vita?

“la tristezza per la cose che non abbiamo è la mancanza di gratitudine per le cose che abbiamo”

Lov U Son

ai Circoli Virtuosi EU

4
Lascia una recensione

avatar
2 Comment threads
2 Thread replies
0 Followers
 
Most reacted comment
Hottest comment thread
3 Comment authors
RobertoEugenio OlmettoFrigio Recent comment authors
  Subscribe  
più nuovi più vecchi più votati
Notificami
Frigio
Ospite
Frigio

..grazie rendi semplice….il pensabile impossibile

Roberto
Ospite
Roberto

Grazie Eugenio per questo articolo sulla le.le. Mi ci ritrovo, fare la le.le. non è immediato. È facile dimenticarsene e passare al compito successivo. Come non è automatico celebrare i successi. Pur essendo cose già sentite rileggerle aiuta a ritornare in carreggiata.

Utilizziamo i cookie per assicurarti di darti la migliore esperienza sul nostro sito web.

Back To Top